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LA PERSECUZIONE IN ITALIA 1922-1943

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Ordine di internamento in campi di concentramento italiani- 11 settembre 1940

La discriminazione fascista di rom e sinti si è progressivamente radicalizzata, fino a diventare persecuzione ed internamento su base etnica e razziale. Iniziata con i respingimenti e l’allontanamento forzato di stranieri (o presunti tali) dal territorio del regno, è proseguita con la pulizia etnica e con il confino.

L’11 settembre 1940 Arturo Bocchini, il capo della Polizia italiana, ordina ai prefetti del Regno d’Italia d’internare in appositi campi di concentramento le famiglie riconosciute come “zingari”.

I respingimenti alle frontiere (1922-1938)

A partire dal 1922, rom e sinti risultano frequentemente respinti alla frontiera, ne danno evidenza gli interrogatori e gli ordini di rimpatrio.

Il 19 febbraio 1926, una circolare inviata ai prefetti precisava di respingere gli “zingari”, qualsiasi fosse la loro provenienza ed anche in caso di documenti validi per l’ingresso in Italia.

L’8 agosto di quello stesso anno, il Ministero dell’ Interno precisava che l’obiettivo da perseguire era l’epurazione del territorio nazionale dalla presenza di carovane di “zingari”, di cui era superfluo ricordare la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell’igiene pubblica.

“..che siano immediatamente respinti da qualsiasi provenienza gli zingari, saltimbanchi e somiglianti che cercassero in carovana o isolatamente di penetrare in Italia, anche se muniti di regolare passaporto.”

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Circolare del 19 Febbraio 1926

Il confino e il caso dei rom e sinti dell’Istria

Il fascismo considerava i rom e i sinti italiani come spie attive contro lo Stato, per questo motivo erano spesso inviati al confino. Soprattutto l’Istria, il confine orientale del Regno, diventò il banco di prova della politica di antiziganismo. Il 17 gennaio 1938 Arturo Bocchini, il capo della Polizia, ordinava di censire tutti i sinti e i rom italiani residenti in Istria. Il prefetto Cimoroni rispondeva con delle liste di nomi dettagliatissime e tra febbraio e maggio 1938 si metteva in moto l’epurazione di questa popolazione dalle terre di confine.

Intere famiglie furono imbarcate sui traghetti e portate in Sardegna tra le province di Nuoro e Sassari. Arrivarono sull’isola almeno 80 persone che poi furono disperse nelle campagne e controllate dai carabinieri.

In quello stesso anno, la medesima pratica di allontanamento fu adottata per i sinti trentini residenti nel Regno d’Italia, colpevoli anch’essi di rappresentare una popolazione considerata pericolosa a livello razziale.

Documento che comunica il confino di Giuseppe Hudorovich alle isole Tremiti

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La cartella biografica di Rosa Rajdic fu redatta per il suo confino in Sardegna che interesserà i paesi di Chiramonti, Busachi, Ovodda, Perdasdefogu e di Seulo. A Busachi nacque suo figlio Antonio e a Perdasdefogu sua figlia Graziella, detta Lalla, ultima di un totale di 4 fratelli.

Quella di Rosa Rajdic è stata anche una delle prime testimonianze raccolte dalla studiosa Mirella Karpati del Centro Studi Zingari di Roma sulla persecuzione dei rom in Italia. All’epoca si dette seguito alla descrizione di Perdasdefogu come campo di concentramento, perché così veniva definito anche dalla Rajdic; le ultime ricerche hanno dimostrato che si trattò di confino.

Anche Anna Poropat, con i suoi figli, fu tra le famiglie rom e sinte inviate al confino in Sardegna, dove morì nel 1941.

Aldo Iaio Deragna vive oggi a Milano ed è il figlio di Milan Milenko Deragna e di Rosina Rosa Stepich. I suoi genitori, con la famiglia allargata, furono mandati al confino in Sardegna negli anni Quaranta e il racconto di questa vicenda è stato tramandato oralmente fino ad oggi.

Mirko Gabrieli ricorda il confino della sua famiglia, prelevata dal Trentino e inviata in Sardegna.

I campi di concentramento fascisti (1940-1943)

L’11 settembre 1940, Arturo Bocchini emanava l’ordine decisivo che ribadiva il fermo proposito di combattere la “piaga zingara” attraverso il rastrellamento, l’arresto ed il concentramento di tutte le famiglie rom e sinte italiane, per poi rinchiudere intere famiglie in campi di concentramento. L’essere riconosciuti donna, uomo o bambino “zingaro” coincideva con l’essere considerati pericolosi “per voce pubblica”.

Il fascismo cominciò a predisporre una rete di campi di concentramento riservati a sinti e rom (insieme ad altri campi di concentramento misti o per altre categorie di prigionieri) sul proprio territorio.

Il sistema concentrazionario fascista collassò con l’armistizio
dell’8 settembre 1943 e i prigionieri poterono fuggire.

Luoghi del Regno d’Italia in cui rom e sinti sono stati imprigionati, confinati, deportati e internati tra il 1922 e il 1943.

Le città e i paesi sono stati individuati riferendosi ai documenti d’archivio. Solo in alcuni casi sono segnalati luoghi che sono nominati nelle testimonianze dirette di sinti e rom che subirono la persecuzione fascista, ma che ancora non hanno riscontro documentale: si è scelto di lasciare traccia di queste località come elemento utile per future ricerche e per valorizzare le testimonianze orali.

campo di concentramento fascista

Documenti d’archivio e testimonianze confermano la presenza di un campo di concentramento fascista per popolazione civile in cui sono stati deportati e internati anche rom e sinti, in alcuni casi erano campi di concentramento riservati alla sola categoria “zingari”.

luogo di confino

Provvedimento di polizia consistente nell'obbligo imposto di dimorare in un luogo lontano da quello abituale di residenza, in particolare perché considerato soggetto pericoloso per la società. Nel caso dei rom e sinti la motivazione era legata all’idea della pericolosità legata alla categoria di “zingaro”.

luogo di carcerazione o sosta forzata

Sono luoghi in cui la documentazione d’archivio conferma la presenza di sinti e rom nelle carceri oppure in campi di sosta recintati, costituiti temporaneamente dopo l’arresto delle carovane, per poi inviare gli arrestati verso i campi di concentramento fascisti.

luogo di prigionia/ concentramento segnalato da testimonianza orale

Sono luoghi che sono individuati, allo stato di ricerca attuale, in base a testimonianza orale di un testimone diretto della deportazione rom o sinto e che necessitano di ulteriore conferma documentale.

Tocca la mappa per ingrandire

Da Berra a Cento al campo di concentramento fascista.
Un rapido percorso verso l’internamento in Italia

Le vicende che riguardarono le carovane di sinti e rom di passaggio nella zona del ferrarese negli anni Quaranta sono qui presentate per descrivere il progressivo percorso di privazione di libertà che fu attuato con l’ordine di rastrellamento e concentramento, firmato dal capo della Polizia nel 1940. L’attuazione dipese in gran parte dalla celerità con cui i prefetti e le forze dell’ordine stilarono censimenti o semplicemente fermarono e concentrarono le carovane di passaggio in specifiche zone. È il caso di una carovana costituita dalle famiglie rom Campos e Rossetto che, fermati e arrestati, vennero prima sistemati in una zona agricola nei pressi del paese di Berra, semplicemente circondando lo spazio con filo spinato e costituendo una sorta di campo di sosta forzata , per poi essere inviati alle carceri presso la Rocca di Cento. Le famiglie furono poi spostate dalle celle per essere trasportate al campo di concentramento di Bojano, in provincia di Campobasso. Era proprio quest’ultimo il luogo verso cui cominciarono ad essere indirizzati tutti i rom e sinti fermati e arrestati in Italia dal settembre del 1940.

Zingari dalle carceri di Cento al Campo di concentramento di Bojano

Sono stati almeno quattro i campi di concentramento fascisti
con una preponderante presenza di sinti e rom tra i prigionieri, o riservati in modo specifico all’internamento della categoria “zingari” tra 1940 e 1943:
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